Problemi di Volley in quarantena (Marzo 2020)

fonte https://problemidivolley.it/problemi-di-volley-in-quarantena/

 

Ogni giorno un Pallavolista problematico si sveglia in quarantena e sa che dovrà fare a meno della sua più grande passione. Sono tempi duri e ognuno reagisce a modo suo, secondo la propria natura.

 

1 – LO STAKANOVISTA

Non sia mai che la stagione ricominci all’improvviso e lui si faccia trovare fuori forma.

Al mattino corsetta in solitaria per le strade semideserte, con autocertificazione tattica in caso di posto di blocco delle forze dell’ordine.

Nel pomeriggio in salotto si parte con la tabella degli esercizi: cinque ripetizioni di up-down plank per tre serie con un recupero di trenta secondi tra una e l’altra. Tre serie da cinque jump squat. Tre serie da dieci crunches.

Lancia in aria e palleggia qualsiasi oggetto gli capiti a tiro: arance, libri, gatti, figli.

E poi bagher nel muro, attacchi nel muro, battute nel muro. Almeno fino a quando i vicini di casa non si presentano alla porta con un piglio deciso e una mazza da baseball sotto braccio.

 

2 – IL FANCAZZISTA

Il classico giocatore che al termine dell’estate si presenta in palestra con la forma fisica di un canotto. Al rientro dalla sosta natalizia assomiglia a un panettone. Dopo il weekend di Pasqua, è reattivo come una colomba.

La quarantena del Coronavirus non è da meno.

Il massimo dell’attività fisica che compie è quella di trascinarsi dal letto al divano e viceversa. Alzarsi per raggiungere il telecomando è uno sforzo da soppesare con attenzione.

Ha già finito le razioni di cibo acquistate durante il primo raid ai supermercati, in cui aveva speso circa 630 euro.

Superata la settimana, preso da un filo di sensi di colpa, stende il tappetino e prova a fare un paio di allungamenti con un rantolo di agonia. Constatato che, a gambe distese, non riesce già più a toccarsi le punte dei piedi, saluta con la mano quei sensi di colpa e se ne riparla alla fine dell’emergenza.

 

3 – IL TIFOSO

In preda alla desolazione, l’appassionato di Volley in quarantena apre il palinsesto di Rai Sport per controllare se per caso ci fosse qualche replica di Superlega o Lega femminile.

E invece niente. C’è la 5° tappa del Giro del Wyoming, il Palio dei criceti e una gara di vela intorno alla Svizzera.

Finisce così per perdere 28 minuti a guardare su YouTube il tie break tra Trento e Macerata del 2012. Oppure a spararsi per la quattordicesima volta Italia-Usa, la semifinale delle Olimpiadi di Rio.

Meno male che su Twitter è partito l’hashtag #quarantenabona con cui ci si può rifare gli occhi con una collezione considerevole di pallavolisti manzi.

 

4 – IL COACH

Il coach di Volley è di norma abituato a vivere in uno stato di ansia perenne.

Ho compilato il camp3? Chi viene alla partita come segnapunti? E il BLS-D? Ci sono i posti in auto per andare in trasferta? Parto in p1 o in p2? È domani che Francesca ha gli scout? Lorenzo ha recuperato da quella pellicina strappata? Dov’è Bugo?

Ecco, questa paranoia non lo ha abbandonato completamente nemmeno oggi che tutto è fermo. E così passa buona parte delle giornate a preparare allenamenti che non vedranno mai la luce, esercizi che funzioneranno solo nella sua testa, video call con la squadra.

In alcune notti si sveglia di soprassalto chiedendosi cose come: «La borsa medica! Qualcuno ha preso la borsa medica??».

Ogni tanto ha un senso di colpa. Sa di essersi augurato, durante la stagione, almeno un paio di volte l’arrivo di una pandemia mondiale che ponesse fine a tutto quanto. Non è che qualcuno, questa volta, lo ha davvero ascoltato?

 

5 – IL PROBLEMATICO CON FIGLI

Ci sono quei genitori ancora in attività che, durante la stagione sportiva, hanno i bimbi in tribuna come piccoli ultras. Oggi questi genitori usano i figli come scusa per sfogare i loro più bassi istinti pallavolistici. «No ma non sono io: è il piccolo / la piccola che vuole giocare». Ceeeerto…

Poi ci sono quei genitori per i quali la pallavolo giocata è ormai un lontano ricordo. I figli sono ormai grandicelli. Eppure, basta tirare un filo in sala o mettere in mezzo uno stendibiancheria, gonfiare un palloncino o arrotolare un paio di calzini. E, quando parte la sfida, ecco che la pallavolo torna subito a regalare un’emozione.

 

Poi arriva il momento di andare a dormire e il Pallavolista problematico, prima di spegnere la luce, si dice: «Pensa che bello quando potremo tornare a stringerci tutti con un abbraccio e urlare in mezzo al campo». 

 

Semiseria disquisizione su allenamenti, personalità e vizi della pallavolo femminile ...

 

Iniziamo con questi inutili, fondamentali, pesanti, essenziali, allenamenti!

Carissimi, qualche giorno dopo aver accompagnato mia figlia a uno dei consueti allenamenti settimanali, ho pensato di giocare un po’ con la tastiera e con fantasia formulare qualche riflessione tragicomica sugli allenamenti e sulla loro finalità ultima. Per dare inizio, ho immaginato che si verificasse una cosa mai successa negli impianti sportivi della nostra città: la rottura dei bagni e delle docce!

 

Nel silenzio del corridoio della scuola, Anguilla, con voce candida, dichiara: "le docce non funzionano (non c’è acqua!!)". A quel punto inizia una discussione filosofica degna del programma televisivo “Ballarò”!

 

Nove indomite atlete iniziano le dissertazioni più strane e fantascientifiche, se disputare oppure no l’allenamento. In silenzio, il Mister ascolta. in ordine alcune delle elucubrazioni:

Tostina: “… poiché a questo punto sono arrivata qua, io l’allenamento lo faccio. Meglio che stare in casa, a guardare la tele…”

Skizzo: “… se c’è la maggioranza io mi cambio, altrimenti se c’è la minoranza relativa e assoluta me ne torno a casa a mangiare…” (in sostanza fa capire chiaramente che non ha molta voglia…).

Wonder Woman: “…ragazze, senza doccia non si può! In ogni caso io ho già fatto 2 allenamenti ieri e 3 partite questa mattina. Se serve per fare numero, io sono disponibile…”

Studiosa: “… l’allenamento è sempre fonte di discussione. Sarebbe quindi opportuno rimettersi ai voleri della maggioranza…” (della serie: “Se ci si allena, bene. Se non ci si allena, meglio”).

ManiaK: “… senza doccia non posso tornare a casa… e chi la sente mia madre, poi? Inoltre siamo sempre i soliti 4 gatti. Dove vogliamo andare? ...”

Nike: “…mi rimetto alle decisioni della Corte. Sarebbe opportuno decidere da subito se bisogna iniziare a cambiarci oppure se fare una tavola rotonda…”

Trolla: Non pervenuta. Stranamente silenziosa, si capisce lontano un miglio che non si allenerà. E così sarà…

Agonilla: “…sono raffreddata, ho 38,75 di febbre e volete che venga a sudare senza potermi fare la doccia? Ma voi siete pazze. Ma non vi rendete conto che possono venirmi le mie cose ???...”

Furietta: “…ragazze, non facciamo scherzi. Ho attraversato le Alpi Cozie per essere qui a questi ca…o d’allenamenti. Io mi cambio anche se “giro” da sola…”.

E’ a questo punto che il Magic Mister tronca le opinioni, dichiarando: “…ok, Facciamo solo 45 giretti di campo e 33 ripetute. Senza addominali e torsioni. Così non state sdraiate per terra e non vi sporcate. E poi, se vogliamo andare ad analizzare, per qualcuno è importante fare gli allenamenti per poter giocare la partita”.

E’ in quel preciso momento che tutte quante all’unisono si scatta in piedi e ci si comincia a cambiare. Solo Anguilla, favorita dalla stretta parentela con il Mister, osa dire “…ma insomma, una volta per tutte, questi benedetti allenamenti sono vincolanti per essere schierate in partita oppure no???...”

Davanti a cotanta chiarezza, il Mister glissa furbescamente e si mette a gonfiare palloni. Ma il quesito rimane.

 

Ed è qui che ne approfitto per esprimere alcuni concetti che, nei Campionati Amatoriali e non solo, sono sempre stati sottintesi o aleatori e che ritengo sia il caso di chiarire.

In un campionato Amatoriale esistono Società che si radunano direttamente per la partita, lasciando alla libera iniziativa di ognuno, la possibilità di allenarsi oppure no. I principi secondo i quali è schierata la formazione più idonea di volta in volta rimangono ai più sconosciuti. Si narra che viga l’anarchia, la raccomandazione, le simpatie e, talvolta, le capacità. Altre Società, che ne hanno la possibilità, hanno luoghi dove potersi riunire settimanalmente per svolgere questi “mitici” allenamenti. Allenamenti a cui partecipano, spesso e volentieri, quasi sempre le stesse categorie di atlete, con le medesime caratteristiche:

 

- le fedelissime = ci sono sempre, neanche cascasse il mondo, della serie “non c’ho un tubo da fare di meglio... e poi ci credo...” (1, 2, max 4 unità);

 

- le fedeli = vengono, a meno che avvenimenti particolari ne impediscano l’adunata (3,4, max 6 unità);

 

- le occasionali = che vengono se non hanno niente di meglio da fare (1, 2 unità);

 

- i “fantasmini” = personaggi che, a causa di una quotidianità perennemente occupata, possono unirsi a noi soltanto occasionalmente (zero, 1, max 2 allenamenti ogni 10).

 

Da non sottovalutare le sciagurate che, nascondendo il tutto alle compagne di squadra, soffrono di un male raro ma assai presente: la sindrome da fidanzatini mielosi. Partner egocentrici e invadenti che ricattano costantemente le ragazze di turno, ragazze che invece attendono pazientemente la partita per poter evadere dalla gabbia dorata in cui vivono con un essere “mostruoso” in cattività.

Per quanto sopra, è altresì evidente che alla “Grande Giocatrice” (o, almeno, così considerata dalla Società) è sempre concesso qualcosa di più che, alle scarpone e alle pippe varie, alle quali invece, non viene concessa. Andando nel dettaglio, ogni Società può dare una rilevanza differente agli allenamenti. Normalmente, nella maggior parte delle Società Amatoriali, si possono individuare 6 profili di giocatrici:

 

1.    Le Predestinate;

2.    Le Indispensabili;

3.    Le Importanti ma non Indispensabili;

4.    Le Normali;

5.    Le Riserve;

6.    Quelle che servono a “far numero”.

 

Passiamo ora ad analizzare le singole categorie e vediamo, in funzione di queste, cosa prevedono per loro, le Società Sportive, alla voce “Allenamenti”.

 

Le Predestinate.

Giocano ovunque e comunque (…anche se, in realtà, hanno un ruolo ben definito ed esclusivo…). Sono ritenute così importanti e vitali che la loro presenza in squadra è fondamentale per il raggiungimento dell’obiettivo finale. Sono impiegate 30 volte su 30. Se ciò non avviene, è solo per squalifica, infortunio o bombardamento nucleare. Un’eventuale loro sostituzione è plausibile solo a pochi minuti dalla fine del match (…per la "standing ovation"…). Le “Predestinate” che vengono agli allenamenti sono anche persone serie. Viceversa, quelle che “camminano sulle acque”, agli allenamenti non le vedi mai (…o quasi mai…). Ti devi accontentare della loro partecipazione (da titolare) e, sei fortunato, le puoi anche toccare…

 

Le Indispensabili.

Giocano ovunque e comunque. Sono ritenute ottime e importanti per gli “equilibri” della Squadra. La loro capacità tecnica, la loro intelligenza, il loro carisma, la loro anzianità e fedeltà alla Società Sportiva ne fanno delle atlete che, alla bisogna, possono anche fornire suggerimenti agli altri.

Anche loro sono impiegate 30 volte su 30; se ciò non avviene è solo per squalifica, infortunio o perché, per pudore, l’allenatore decide che 1 volta, max 2 volte in tutto il campionato, possono partire dalla panchina (…normalmente quando si gioca contro le ultime in classifica…). Questo per dare anche un’opportunità che attendeva da mesi alla panchinara cronica. Un’eventuale loro sostituzione avviene, normalmente, a risultato già acquisito.

Per questa categoria, gli allenamenti non sono obbligatori. Se ci sono ben vengano, aiutano per fare “Gruppo”. Se non possono venire, va bene lo stesso, tanto il posto da titolare non glielo toglie nessuno.

Anche qui, le persone che, nonostante il loro alto “rango”, vengono agli allenamenti sono da considerarsi persone serie. Quelli che si vedono poche volte (…o non si vedono affatto…) hanno la sventura di avere un’intensa vita mondana, perciò non possono perdere tempo a fare le foche ammaestrate con il resto della squadra.

 

Le Importanti ma non Indispensabili.

Giocano spesso e volentieri. Alla fine di un campionato riescono ad accumulare un buon numero di presenze (almeno i due terzi) come titolari. Sono ritenute utili per la squadra ma da questa categoria l’allenatore attinge a piene mani per le sostituzioni nelle occasioni in cui bisogna dare un segnale dimostrativo dell’efficienza e della serietà della Società Sportiva.

Infatti, se si viene da uno o più risultati negativi e bisogna dare un segno forte che la situazione è sempre sotto il controllo della Società, sono le prime che ne fanno le spese.

Perché non indispensabili, si possono impiegare in ruoli diversi. La loro capacità d’adattamento gli permette di accettare ruoli alternativi. Talvolta sono sostituite, altrimenti i 4 – 5 elementi che scaldano la panca, s’incazzano come tori in calore...

Anche qui avremo che quelle che vengono agli allenamenti con una certa costanza sono persone serie, quelle che vengono poche volte possono rischiare il posto da titolare (…ma dipende sempre da com’è la classifica generale…). Il non venire agli allenamenti ed essere sempre schierati dà un segnale forte d’inefficienza sportiva da parte della Società.

 

Le Normali.

Sono la categoria più numerosa. Normalmente, tutte si auto classificano “normali giocatrici di pallavolo”. Il divertente è tentare di capire dove finisce la giocatrice e dove iniziano le comiche.

Gli allenatori vorrebbero averne a piene mani di giocatrici “normali” perché ciò significherebbe non avere atlete scarse o pippe mostruose in squadra. Ma questa è pura utopia…

E’ tra loro che, normalmente, si sceglie chi sostituire, per far entrare altre “normali” (che, nel frattempo riscaldano la panchina…). Basta una “ricezione” sbagliata o un “recupero” mancato ed è a quel punto che la giocatrice normale va in panico e si comincia a chiedere se sarà sostituita al termine del primo set. Sono da apprezzare quelle giocatrici normali che vengono agli allenamenti, anche se fa freddo o se stanno poco bene. Devono dimostrare che non sono da meno delle altre…

Quelle che qualche volta mancano, sanno che possono correre il rischio di partire dalla panchina nella partita dopo. Ci sono poi le “temerarie” che, non venendo mai o quasi mai, pretendono di giocare spesso e volentieri (al che, rimane sempre più difficile, per il Mister, tenere tranquilli i tori incazzati, visti prima in panchina).

 

Le Riserve.

Sono tutte coloro che il Mister (e non solo…) non reputa idonee ad essere catalogate nelle precedenti categorie. Coloro che sono considerate in tale modo, non ammettono mai di far parte delle “Riserve”, normalmente trattasi di giocatrici “non comprese” o “sottovalutate” o “mal impiegate”.

Il bravo Mister deve saper fare giochi da trapezista per riuscire a farle partire titolari (anche perché le squadre avversarie che si andranno ad affrontare non sono sempre le ultime in classifica…). Sono elementi ritenuti utili per la Società in caso d’incidenti vari, epidemie, malattie, etc. in modo tale che, grazie a loro, a 6 elementi ci si arriva sempre.

Se partono titolari, o fanno la partita della vita, o sono sostituite al primo stormir di fronde. Se partono dalla panca (spesso…) sono impiegate ad inizio secondo set (…brutta partita delle titolari, bisogna cambiare qualcosa…) o nella metà del terzo set (…bisognerà pure farle giocare a queste sventurate…) oppure negli ultimi 5 minuti dell’incontro (…almeno sono state utili alla causa…).

Se vengono anche agli allenamenti, sono brave ragazze che andrebbero baciate, una ad una, per la tigna che ci mettono, per far cambiare idea al Mister (…e qualche volta ci riescono…). Se qualche volta non vengono, non hanno diritti, non possono pretendere niente, sono simili alle schiave dell’antico Egitto. Se non vengono mai, o quasi mai, evidentemente le piace da matti non essere nessuno e credersi qualcuno.

 

Quelle che servono a far “numero”

Normalmente è 1, max 2, preferibilmente loosers. Quando giocano ne parla anche “La Stampa”. Sono persone volenterose e serie che sono convinte di poter dare il loro contributo alla causa, mentre il Mister deve fare il Mago Silvan per non far trapelare che dovrebbero trascorrere le domeniche ad occuparsi di altri sport (ad es. il Polo). Giocano se proprio non se ne può fare a meno di schierarle in campo. Sono fortunate se tra pezzi, pezzetti e pezzettini di partita accumulano un impiego totale di minuti di gioco equivalente a 1 partita in tutto il Campionato. Se vengono anche agli allenamenti, andrebbero prese ad esempio da tutte coloro che credono ormai di non aver nulla da imparare dagli allenamenti.

 

Concludo, cari e pazienti lettori, chiedendovi di non tentare di identificarvi in una delle categorie suddette. Sarebbe inutile e illusorio. Quello che ho scritto è soltanto il frutto, portato all’estremo per sorriderci sopra insieme, dell’osservazione di tanti anni trascorsi in questo ambiente sportivo, dove vane discussioni, strane teorie, opinioni bizzarre si sono sempre intrecciate, accavallate e, spesso, contraddette per giustificare il tutto o il suo contrario. L’importante è stare insieme, vivere un’amicizia amando lo stesso sport, facendo il tifo per la stessa squadra. Se poi, ogni tanto, vi fanno pure giocare, forse è anche meglio, altrimenti dovrete dimostrare, a questi signori, che con l'impegno e la voglia, potrete giocare più spesso anche voi.

Mettiamoci anche noi panni del coach: ma, se siamo in 16, tu chi manderesti in panchina? E pensi che gli esclusi sarebbero contenti? Pensi che saresti criticato? Non ti faresti dei “nemici” che ti detestano? Non potrebbero pensare "...questo non ci capisce niente... vede solo i suoi preferiti..."?

Miei cari, purtroppo è una brutta cosa dover fare delle scelte; lascio volentieri l’onere al Mister.

Lungolinea

Fare il riconoscimento, battere il dieci ad allenatori e compagni, urlare tutti insieme per incitarsi l’un l’altro… Sono cose che in allenamento non accadono. Lì si lavora sulla tecnica, sui difetti, sulle carenze, sulle potenzialità e chi più ne ha più ne metta. Ma ci sono emozioni che solo la partita dona. Poggiare la propria maglia sulle spalliere, attendendo, mentre ci si riscalda, che l’arbitro fischi e ci chiami uno ad uno. Rispondendogli, con fierezza, dicendo non solo il nome ma soprattutto il numero. Quel numero che ci identifica, in campo e fuori, in quel lasso di tempo. Per qualcuno ha un significato speciale, per altri no; ad alcuni è stato imposto o assegnato a caso. Ma ognuno di noi in qualche modo crea un legame con il proprio numero (e quindi con la propria maglia): che sia un legame affettivo, dipendente da una data particolare che ci lega a qualcuno o qualcosa; o per il semplice fatto che ,a furia di ripeterlo, oltre ad entrarci in testa inizia a piacerci.

Un tempo (come tutti i vecchi parlo del passato) si insegnava/imparava a giocare a pallavolo prima di tutto. C'era una base tecnica forte che puntava sui fondamentali. Si partiva tutti "universali" nel senso che ti insegnavano a giocare in qualsiasi ruolo, quindi anche a ricevere, difendere e a palleggiare in maniera quantomeno decente. D'accordo, si iniziava più tardi (al liceo sostanzialmente), ma comunque i due anni di "allievi" erano così. Vi faccio due esempi di quello che voleva Bazan nel primo anno di juniores (U18 adesso): 
1) le alzate in banda per essere perfette dovevano essere molto alte e cadere quasi in verticale vicino all'astina. Motivo: lo schiacciatore con quella palla ha a disposizione tutti gli angoli e può prendere la palla a braccio teso sempre. 
2) in campo bisognava essere schierati sempre come dei soldatini gestendo la zona di competenza. E non si incazzava se poi in C2 trovavi il vecchietto che ti buttava la palletta sporca e cadeva, ma se da zona 6 non facevi il "pendolo" nel modo corretto venivano giù i muri. 
Oggi vedo che soprattutto nelle squadre di vertice si punta fin dalla 14 (anche prima) a una specializzazione esasperata. Fanno in fretta: quella che picchia più forte va in banda, quella che difende meglio copre tutti. Ma così si costruiscono solo dei giocatori "incompleti" e magari "a tempo". 
Parlando con il mio vecchio Presidente, oggi numero uno Fipav in Lombardia, si diceva che noi prodotti di Bazan avremmo potuto giocare fino a 40 anni a buon livello, perché con la tecnica che avevamo ci potevamo permettere anche di saltare un po' meno. Oggi uno schiacciatore tutto forza è destinato a sparire quando di forza ne avrà un po' meno... 
Il consumismo è dilagato anche nello sport...